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      Di che accortosi i Livoni, non persero cosí bella occasione d'acquistar la vittoria, ma fattosi animosamente inanzi nei nemici disordinati urtarono con tal valore e forza che, non potendo essi riordinarsi e perciò avvilitisi d'animo, gettando l'armi si misero in fuga. Ed essendo ormai vicino a sera, molti in Pscovia si salvarono, e gli altri fur per quei campi come pecore uccisi, che per doi miglia erano tutti di corpi morti coperti. Finita la battaglia, un solo Teutone si ritrovò esser in essa morto, benché ve ne fossero molti, ma non mortalmente, feriti; e de' nemici periron centomila, e trentamila con la fuga alle vite providdero. Dalla qual rotta spaventato, Basilio di Giovanni, granduca di Moscovia, per cinquanta anni con i Teutoni tregua fece, e da quell'ora in poi furo i Teutoni da' Ruteni e Moscoviti chiamati uomini di ferro.
      Da queste doi felicissime vittorie si conosce apertamente che mentre stettero i Livoni saldi nella catolica fede, che furono sempre dalla divinità favoriti e aiutati, e i lor campi eran sopra modo frugiferi; ma dopo che del 1527 abbracciarono la setta luterana persero ogni lor antico vigore e da varie percosse travagliati furono, percioché la terra, prima feracissima, li denegava il solito frutto, né produceva tanto che di quello viver potessero. E l'acque, prima di pesci piene, restaron senza pesci e malsane, l'aere corotto e pestifero divenne, e i Moscoviti col ferro e col fuoco la provincia derptense destrussero. La colpa delle qual miserie era da' frati teutoni, dai nobili e da' cittadini a' catolici attribuita e imputata.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





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