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      Pensava veramente Attila che Ezio, patrizio e gran capitano romano, fosse quello che dovesse morire, perché s'allegrava grandemente della sua morte, sí terribile gli parve la potenza di Ezio; però, avendo ordinate le sue squadre, maliziosamente non nel mezodí, ma verso sera, comandò che dovessero dar nelle trombe e attaccare il fatto d'arme. Dove un innumerabile e infinito popolo fu morto e Teodorico, re de' Gotti, non Ezio, come voleva Attila, morí. Attila, vedendosi vinto, fece un bastione intorno a sé e a' suoi soldati, in mezo il suo campo, co' carri; e perché egli era venuta la notte, commandò che si facesse una barca di selle e in quelle s'accendesse il fuoco, accioché, se da' nimici fosse urtato, in quello gettandosi morisse, piú tosto che venir nelle altrui mani. Il giorno seguente Torismondo, figliuolo di Teodorico, desiderando vendicar la paterna morte, apparecchiava le ordinanze de' soldati contra di Attila. Ezio, avendo parimente per sospetti sí i Gotti come gli Unni overo Ungheri, persuase a Torismondo che dovesse affrettarsi di andare a pigliar il possesso del regno paterno, accioché il suo fratello non se ne facesse padrone. Alle qual cose avendo date orecchie, subito si partí; dove tutto l'esercito essendosi sbandato, andò chi qua e chi là, perché Attila, da non sperata allegrezza soprapreso, rivolgeva nell'animo suo l'inique speranze della vendetta.
      E partito da quel luogo, cinse d'assedio la città di Remis e la prese, tagliandovi a pezzi tutti i cittadini, con Nicasio, vescovo della città, ed Eutropia sua sorella.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quarto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 837

   





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