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      De lí a venti miglia trovorono un buonissimo porto, ma senza fiume, per la qual cosa scorsero piú avanti, e finalmente trovorono un porto altissimo da potersi ristorare, e far acqua e legne, il qual chiamorono Punta di Arena. Non trovorono vicino al porto alcuna abitazione, ma molte pedate d'animali simili a quelle delle capre, delle quali ne viddero una morta molto simile alle nostre. L'altro giorno viddero venir da lontano una canoa con ventiquattro giovani di bella e grande statura armati di freccie, arco, con targhe, oltre al costume degl'Indiani. Ed erano nudi, eccetto le parti vergognose, le quali avevan coperte con un panno di cottone di diversi colori, con li capelli lunghi distesi, e quasi al modo nostro partiti in su la fronte. L'admirante, per allettare e assicurare questi della barca, comandò fusse mostro loro specchi di vetro, scodelle e altri vasi di rame con sonagli; ma loro, quanto piú erano invitati, tanto piú temevano d'essere ingannati, sempre tirandosi indietro, e tenevano gli occhi fissi verso li nostri con grande admirazione. Donde, vedendo l'admirante non li poter tirar con queste cose, ordinò che nella gabbia della maggior nave si sonasse tamburini, pive e altri instrumenti, e da basso si cantasse e ballasse, sperando, con canti a lor nuovi, potergli dimesticare. Ma loro, pensando che quelli fussero suoni che gli invitassino a combattere, tutti in un tratto lasciati li remi tolsero gli archi e freccie in mano, e pensando che li nostri li volessero assaltare, tenevano diritte le punte verso di loro, stando a vedere quel che volessen dire questi suoni e canti.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





Punta Arena Indiani