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      Nel qual viaggio ebbero infinite fortune, dalle quali furono condotti ora in qua ora in là, e finalmente per forza di venti scorsero all'ultima parte dell'isola Cuba che guarda verso ponente. E perché eran già passati tre mesi dopo la partita dal Darien, e aveano consumate tutte le vettovaglie che portorono seco, furon forzati dismontar in terra per cercar qualche cosa da viver, trovandosi in estrema necessità. Giunti in terra viddono molti pezzi di tavole nella rena, quali parevano di qualche navilio rotto de' cristiani, e si maravigliarono molto. Ma avendo preso duoi degl'isolani, intesero come per avanti giunse lí un naviglio con cristiani, li quali dagl'Indiani dell'isola erano stati presi e morti, e spogliati di molto oro che avevano. Per alcuni segnali conobbero che questo era stato Valdiva. Per questa causa deliberorono Quincedo e Colmenar partirsi di quel luogo, e tornati nel navilio andorono al loro viaggio, come al suo luogo si dirà.
      Ma avendo parlato della disgrazia accaduta a Valdiva sopra l'isola Cuba, non mi par fuor di proposito narrar quel che intervenne al baccalario Anciso, qual fu scacciato da quelli del Darien, come di sopra è detto. Costui ancor giunse all'isola di Cuba, ma la ventura il condusse nel paese d'un cacique che per avanti d'alcuni cristiani, né si sa in che modo, era stato battezzato e postogli nome il Comandatore. Qual, veduto detto Anciso, gli andò incontro e gli fece grandissime carezze, donandogli quante vettovaglie volse, e sopratutto il volse menar a veder dove aveano fatto una cappella con un altare alla Nostra Donna, e a quella ogni giorno al tardi andavano a far riverenza, e non sapevan dir altro che "Ave Maria, Ave Maria".


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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