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      E questo basti quanto a quello che s'appartiene agli arbori, perché, come è detto, di loro si potriano scriver grandissime istorie.
     
     
      Delle canne.
      Cap. LXXX.
     
      Io non ho voluto mettere nel capitolo precedente quello che in questo si dirà delle canne, per non le mescolare con le piante, per essere in queste cose da notare e osservare molto particolarmente. In terra ferma sono molte sorti di canne, e in molti luoghi se ne fanno case, e copronsi con le cime d'esse, e fannosene pareti, come per avanti s'è detto. Nondimeno tra le molte sorti ne è una la quale è una grossissima, tal che ha li cannelli grossi quanto un ginocchio di uno uomo e longhi tre palmi o piú, in modo che ciascuno saria capace d'un secchio d'acqua. Trovansene delle altre di minor grossezza, minori e maggiori secondo che l'uomo vuole, delle quali alcuni ne fanno carcassi per portare le saette. Trovansene una sorte la quale è certa maravigliosa, grossa poco piú che una asta di giannetta, li cannelli delle quali sono piú longhi che due palmi, e nascon lontane una dall'altra alcuna volta venti e trenta passi, poco piú o manco, e alcune volte lontane due e tre leghe; ne nascono in tutte le provincie, ma nascono appresso di arbori molto alti alli quali si appoggiano, e si appiccano alla cima delli rami, e tornano in basso infino alla terra. Li cannelli di esse sono pieni di una chiarissima acqua senza sapore alcuno, overo di canna o di altra cosa, ma tale quale sarebbe se si pigliasse della migliore e piú fresca fontana del mondo, né mai si è trovato a chi abbi fatto male bevendola.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260