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      Io quello che qui dirò non ho da narrarlo a chi non mi conosce, né a quelli che fuori di Spagna vivono; onde io col profeta canto: "Dico ego opera mea regi", come colui che al suo proprio re e a cosí alto principe le referisce.
      Pose Plinio il suo proemio per primo libro: a questo modo sia la precedente introduzione per principio de' miei, e questo chiamiamo secondo. Ho detto che Plinio drizzò la sua naturale istoria all'imperator Tito, e potrà dire alcuno che io contradico a me stesso, perché in quel sommario delle cose dell'Indie che io scrissi in Toledo nel 1525, dissi che quello che Plinio di simili materie scriveva, a Domiziano imperatore il drizzava: e di questa opinione sono io. Per sodisfare adunque a coloro che volessero di questa inavertenza incolparmi (ché al parer mio non erro), dico che io udii già sopra la medesima questione disputare il Pontano in Napoli nel 1500, che era tenuto in quel tempo uno de' migliori litterati d'Italia: e teneva egli che Plinio scrivesse a Domiziano e non a Tito il fratello, e ne rendeva sofficienti ragioni. Non mancano però altri diversi pareri di scrittori, come è Antonio di Fiorenza, che vuol che Plinio a Vespasiano scrivesse: e secondo questa opinione al padre, e non ad alcuno de' figliuoli, averebbe Plinio drizzati i suoi libri.
      Ma lasciamo questo, che non fa molto al caso, e ritorniamo al nostro principale intento. Io dico che Plinio nel secondo suo libro tratta degli elementi, delle stelle, de' pianeti, degli eclissi, del giorno, della notte, della geometria del mondo e delle misure e distanzie sue, e insieme anco de' venti, de' tuoni, de' lampi, e delli quattro tempi dell'anno, e de' prodigii e portenti, e dove e come si congela la neve e il grandine, e della natura della terra e della sua forma, e qual parte di lei sia abitata (benché in quello che dice, che la zona torrida o linea equinoziale sia inabitabile, egli s'ingannò, come gli altri che lo scrissero medesimamente, perché elle pienamente si abita, per quello che ne vediamo oggi nella terra ferma di queste Indie; e Avicenna lo scrisse e ne diede ragione, e come filosofo naturale non vi ebbe cosa che gli contradisse, e certo che egli scrisse e disse meglio in questa parte di niuno degli altri che ne scrivessero). Fece anco nel suo secondo libro Plinio menzione de' terremoti, e in qual terra non piove, e dove del continuo trema la terra, e come cresce e manca il mare, e referisce alcuni miracoli del fuoco.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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