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      Fra questi da cavallo, il principale di quelli che aveva l'admirante mandati a fare compagnia al detto Melchior, percioché intertenessero i neri, fu Francesco d'Avila, cittadino di questa città.
      Ora, questi undeci da cavallo, su la alba del giorno, si ritrovarono con i neri ribelli, che, accortosi di questi cavalieri, si restrinsero insieme e con gran gridi gli aspettarono. I cristiani, veggendosi la battaglia fra le mani, senza aspettare lo admirante, perché non si unissero questi neri con gli altri di quello ingegno, deliberarono di andar lor sopra; sí che imbracciate le targhe loro e postosi le loro lancie alla coscia, chiamando Iddio e l'apostolo s. Giacomo, fatto uno squadrone di loro undeci, che in effetto erano pochi ma animosi molto, a tutta briglia spinsero i loro cavalli innanzi. I neri stavano con molto animo aspettando questo assalto, il quale fu tale che i cavalli ruppero per mezzo di loro e passarono dall'altra parte, e andarono di questo incontro alcuni neri per terra. Ma non già per questo restarono di unirsi tosto e ristringersi insieme, tirando del continuo molte pietre e bastoni e dardi; e con un'altra maggior grida aspettarono il secondo incontro de' cavalieri cristiani, il quale non fu molto differito né menato in longo, ancorché gli adversarii lanciassero molti pali gagliardi. Chiamando adunque medesimamente s. Giacomo, spinsero i cristiani con molto ardimento i loro cavalli, e ritornarono a rompere di nuovo il drappello de' neri, i quali, veggendosi cosí separati, e con tanto ardimento e deliberazione da cosí pochi cavalieri assaliti e sbaragliati, non ebbero ardire di aspettare il terzo incontro; onde si posero in fuga per certe balze che quivi presso erano; e i cristiani restarono vittoriosi, e de' neri ne restarono sei morti nel campo e molti altri ne furono feriti.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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