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      Il maggior peccato e che piú gl'Indiani di questa isola aborrivano e con maggior rigorosità punivano era il furto. Onde era appresso di loro il ladro, per ogni picciola cosa che rubata avesse, impalato vivo, come si dice che si fa in Turchia; ed era lasciato a quel modo infilzato in un palo finché moriva. Per la crudeltà di cosí fatta pena poche volte accadeva che simile errore e castigo fra loro si ritrovasse; e se pure si offriva il caso, non si dissimulava né perdonava tal delitto per niun conto, né vi giovava parentela o amistà; anzi tenevano quasi per un grande delitto intercedere per un ladro o procurare che si perdonasse o commutasse la pena di tal errore.
      Già s'è dato bando a Satana da questa isola, ed è tutto questo di che s'è ragionato venuto a fine e mancato, con essere mancata e fornita la vita degl'Indiani; perché quelli che v'avanzano sono assai pochi, e sono o nel servigio o nella amistà de' cristiani. Alcuni fanciulli di questi Indiani potrà essere che si salvino, essendo battezati e servando la fede catolica. Ma che diremo di coloro che, essendo cristiani, andavano alquanti anni a dietro ribellati fuggendo per le montagne col caciche don Enrico e altri principali Indiani, non senza gran vergogna e danno de' nostri che questa isola abitavano? E perché questo è un passo notabile, e s'attende ora con molta attenzione al rimedio, ragionerò nel capitolo seguente di questa materia, perché meglio la origine di questa ribellione s'intenda, e a che fine l'ha ridotta il Signore Iddio, con la clemenzia della maestà cesarea dell'imperator nostro.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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