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      Egli rispose che non aveva già da essere se non fratello e amico di tutti; abbracciando esso e gli altri suoi di nuovo come prima i cristiani, si licenziò da loro senza altramente andare in Azua, perché diceva volere andare a cercare della caravella, accioché il suo Gonzalo e i cristiani che con lui andavano non l'andassero per quelle costiere cercando invano.
      Essendoli risposto che facesse il suo volere e andasse in buon'ora, s'aviò con le sue genti per quel medesmo monte dove stava, che era assai aspro e selvaggio, e quando fu alquanto discostato i nostri s'aviddero che egli menava piú gente di quella che nel mangiare mostrata aveva. E per quello che conobbero coloro che in questo abboccamento si ritrovarono, restò don Enrico assai maravigliato di vedere uscire d'Azua cosí buone genti e disposte e cosí bene in ordine e presto, cosí di quelli da cavallo come di quelli da piedi, e con molti schiavi neri anco, e con Indiani che portarono il mangiare e servirono ad avere cura de' cavalli; e la maraviglia si fu perché quella terra è picciola. Ma la metà di quelle buone genti che ivi col fattor Francesco d'Avila si ritrovarono casualmente, erano di questa città di San Domenico, e venivano da San Giovanni della Maguana da vedere i loro poderi, e altri erano in Azua proprio andati per lor negozii. Il perché poté ben don Enrico congietturare che, poi che ivi tante e cosí fatte persone erano, assai piú ne dovevano essere nelle altre terre maggiori e in questa città di San Domenico, che il medesimo Enrico la sa molto bene perché vi s'allevò.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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