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      benché d'altra maniera si giuochi, come qui si dirà.
      Cap. II.
     
      Poiché s'è nel capitolo precedente detto delle terre e case degl'Indiani, e come in ogni lor terra abitata erano, e nelle piazze e su l'uscir della terra, luoghi deputati per lo giuoco della palla, voglio ora dire del modo nel quale si giuocava, perché in effetto è cosa degna da vedersi e da notarsi. Giuocavano questo giuoco a dieci per dieci e vinti per vinti, e piú e meno uomini, secondo che convenivano, e d'intorno al luogo dove si giuocava avevano le genti che stavano a vedere li lor banchi di pietra; ma il caciche e gli altri uomini principali sedevano su certi banchetti di legno lavorati vagamente e intagliati di rilievo, che essi li chiamano duho. Le palle con le quali giuocano sono di certe radici d'alberi e di erba e sughi, delle quali fanno con altre cose una mistura che si somiglia alquanto alla cera o pece negra. Cuocono tutte queste materie insieme, e ne fanno una pasta della quale compongono e formano una palla, tanto grande quanto sono le palle a vento con le quali si giuoca in Spagna; e le fanno anco e maggiori e minori. Questa mistura, benché sia come pece nera, non s'attacca però alla mano. Ella, doppo che è asciutta, diventa alquanto spongiosa; non però che abbia buco né vacuo alcuno, come la spugna, ma diventa bene alquanto leggiera.
      Saltano queste palle senza comparazione, assai piú che quelle da vento, perché, con lasciare solo cadere di mano in terra, sbalzano molto piú in su di quello che cadute sono, e danno uno e piú salti, diminuendo sempre da se stesse nel saltare, come sogliono le palle a vento fare e assai meglio; ma perché sono massiccie, sono alquanto gravi, e se si percotessero con la mano aperta o col pugno chiuso con pochi colpi aprirebbono e sconcerebbono la mano.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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