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      Il suo frutto ha il color di paonazzo, ed è lunghetto e grande quanto è dall'una giuntura all'altra d'un deto, ma non è già grosso quanto è un deto; e dentro è bianco come latte e sugoso, e quando si mangia quel di dentro è come latte viscoso e denso. Questi alberi fanno il frutto quale abbiamo detto, e in questa isola e nelle altre medesimamente, ma in terra ferma il lor frutto è tondo e grosso quanto una palla picciola di giuocare o poco meno; e questa è la differenza che hanno questi frutti del cainito di questa isola con quelli di terra ferma, perché nel resto sono una cosa stessa l'albero e le frondi. Questo è un sano frutto e di buona digestione, e nel tempo che questi frutti si trovano si vende gran quantità nella piazza di San Domenico. Il legno di questo albero è forte e buono per lavorarsi, se si lascia però stare per qualche tempo tagliato e non si lavora verde, come i legniaiuoli e i maestri di questa arte dicono.
     
     
      Dell'albero chiamato higuero, pronunziandolo di quattro sillabe: hi.gu.e.ro.
      Cap. IIII.
     
      L'higuero è un albero grande, come sono i celsi neri di Castiglia, e piú e meno. I suoi frutti sono certe zucche tonde, e alcune ne sono lunghette; ma le tonde sono tondissime, e ne fanno gl'Indiani tazze e altri vasi per bere, e per altri varii usi. Il legno di questo albero è forte e buono per far carrieghe da sedere di spalle e seggie picciole, e selle di ginetti e altre cose. Si scorza facilmente ed è forte, e doppo che è lavorato pare di granato o di spino. La fronde di questo albero è lunga e stretta, e nella sua punta è piú larga, dalla quale si viene poi a poco a poco diminuendo fino al picciolo, onde comincia la fronde stessa a montare su, nel modo che qui lineata si vede.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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