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      Dell'albero chiamato copei, nelle cui foglie si può medesimamente scrivere.
      Cap. XIIII.
     
      Il copei è un buon albero e di gentil legno, e ha la foglia come il guaiabara o uvero che si è detto qui di sopra; ma il copei è assai maggiore albero, e ha la foglia minore di quella del guaiabara, ma piú grossa al doppio e piú atta per scrivervi con la punta d'uno spiletto o d'un ago, come si è nel precedente capitolo detto. E le vene di queste foglie sono piú sottili, e meno impediscono lo scrivere di quello che si facciano le vene delle frondi dell'uvero. E in que' primi tempi della conquista di questa e dell'altre isole di queste Indie, i cristiani ne facevano carte da giuocare, formandovi i re, i cavalli e le donne, con tutte l'altre figure e punti, perché, essendo le foglie grosse, acconciamente dipingere con l'ago vi si potevano, e si potevano anco poi mischiare insieme, e vi si giuocavano molti danari, non potendo meglio averle. Il frutto di questo albero non ho io mai veduto, ancorché abbia visto molte volte le foglie.
     
      [vedi figur_19.gif]
     
      Dell'albero chiamato gaguei, e del suo frutto.
      Cap. XV.
     
      Il gaguei è un albero che produce un frutto come fico, ma non già piú grosso che l'avellana, e dentro è proprio come un fico di Castiglia, bianco e pieno di certi granelluzzi minutissimi, ma di buon sapore. Il legno di questo albero, ancorché non sia de' buoni, non è però disutile, perché delle sue scorze, nel tempo adietro, si facevano fune grosse e picciole e dagl'Indiani e dai cristiani, e scarpe di queste corde medesimamente, quando mancava loro il canapo o non ne veniva di Castiglia.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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