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      Io dico che, nel generale, gli alberi che sono in queste Indie sono cosa da non potersi per la lor moltitudine esplicare, perché se ne vede cosí coverta la terra, e con tante differenze e dissomiglianze, cosí nella grandezza loro come nel tronco e rami e frondi e frutti, che né anco gl'Indiani istessi li conoscono né sanno i lor nomi dire, quanto meno i cristiani, a' quali è questa cosa cosí nuova, e non conosciuta né vista prima da loro.
      In molte parti non si può vedere il cielo di sotto a questi alberi, cosí alti sono e densi e pieni di rami. E in molti luoghi non si può andare fra loro, perché, di piú della spessezza degli alberi, vi sono tante piante e tante intricature e rivolgimenti di spine e d'altre materie, che con gran travaglio e a forza di taglio di ferro bisogna aprire il cammino. Quello in effetti che in questa materia dire si potrebbe è un mar magno, perché, ancorché si vegga, per lo piú non si sa né s'intende, non se ne sapendo i nomi (come s'è detto) né le loro proprietà. Ve ne sono alcuni di questi alberi di buono odore e di vaghi fiori, altri di varii frutti selvaggi, che i gatti mammoni solamente gli intendono, e sanno e conoscono quelli che sono loro al proposito. Ve ne sono altri cosí spinosi, e di cosí pungenti spine armati, che non si lasciano da niuno toccare. Altri ve ne sono di mala vista, selvaggissimi; altri carichi d'hellere e di besuchos e d'altre simili cose; altri pieni dal piè alla cima di certe fila, che pare a punto che stiano coverti di lana filata senza esservi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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