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      Pone anco tredici alberi selvaggi che né anco giamai la perdono, come sono l'abiete, il larice, il pinastro, il giunipero, il cedro, il terebinto, il busso, l'illece, l'aquifolio, il sughero, il tasso, il tamarisco, il corbezzolo, che io penso che siano li salci. Di modo che sono in tutto 21 alberi quelli che Plinio pone che non perdono la foglia, e fra gli sterpi vi pone anco la canna e 'l ruvo. E cosí sono 23. E dice che nel territorio Taurino, dove fu la città di Sibari, era una quercia che non perdeva mai la foglia, e che non cominciava a germinare e a porre le foglie nuove prima che venisse la metà dell'estate. E cosí sono 24 spezie tutte quelle d'alberi che Plinio dice che conservano sempre le foglie, benché dica anco che sogliano loro cadere, fuori che quelle della cima. Degli alberi di queste parti bisogna che io dica al contrario di quello che dicea Plinio, cioè che io non penso che in queste Indie si ritrovino sei alberi che perdino la foglia, perché tutti gli altri del continuo la serbano. E di quelli che ora mi occorrono e che posso ricordarmi, duo soli sono quelli che qui la perdono: l'un è l'albero delle prune, che cosí nella provincia di Nicaragua lo chiamano, benché non siano in effetto prune, ma certi frutti rossi che si somigliano alquanto, e ne fanno vino, e mangiandosi verde è un frutto alquanto buono. Egli è però piú tosto una spezie degli obi che si sono detti di sopra, e hanno come obi l'ossa, e si somiglia loro molto il frutto, salvo che nel colore. Or, queste che chiamano prune stanno un certo tempo dell'anno sfrondate, e il medesimo fanno in questa isola Spagnuola li fichi di Castiglia.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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