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      Dice anco Plinio di piú che ciascuno istimi e tenga quello che piú li pare, perché la sua intenzione è di mostrare le cose che sono nella natura chiare e manifeste e non di giudicare le cause occulte; e cosí medesimamente dico io che la intenzione mia è di dire quelle cose ch'io so e ch'ho vedute, perché se ne maravigli colui che di lontane contrade mi leggerà, e non di pormi a congietturare onde procedano gli effetti di questa novità che io referirò, perché non sono tal filosofo che possa comprenderli, né voglio in argumenti trattenermi, ma dir solo quello che con la vista ho potuto comprendere e con gli altri sentimenti intendere.
      E per darvi principio incominciarò con le formiche, delle quali dico che n'è in questa isola Spagnuola gran quantità, e in questa città di S. Domenico assai piú di quello che vorremmo; ma senza comparazione assai meno di quello che se ne è avuto, perché nel 1519, e per due anni appresso o piú, ve ne furono tante che grandissimo danno fecero in tutta questa isola ne' poderi, rovinando e bruciando le cannafistole, gli aranzi e altri alberi fruttiferi, che fino ad oggi vi dura il danno, benché quella tanta copia sia a lode di Dio cessata. In quel tempo che questa calamità durò non si potea né anco vivere per le case, né tenervi cosa alcuna da mangiare, che tosto non si coprisse di formiche minutissime e nere. E se fosse qualche tempo durato, non sarebbe stato gran cosa che fosse qui in questa isola avenuto quello che già in Spagna avenne, dove si disabitò una città per lo scavare de' conigli, o come avenne in Tessaglia, dove un'altra città si disabitò per li topi, o come in Francia, dove per la gran copia delle rane un'altra città si abbandonò, e un'altra in Africa per la moltitudine delle locuste o bruchi, e Amicle in Italia per la copia delle serpi, e come per altre simili calamità altre terre e provincie s'abbandonarono, come recita Plinio.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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