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      Certo che si dee pensare e credere, per quello che abbiamo detto e che medesimamente appresso si dirà, che tutti quelli che in questo naufragio da questa vita passarono stiano nella gloria del cielo, perché la bontà e clemenzia di Dio sempre diede il guiderdone della sua felicità a chi nella sua santa fede perseverò. Veramente che questo cavaliero serví molto a nostro Signore, in quello che s'è detto e in quello che appresso si dirà: e ben si vidde per opera. Poi Iddio il cavò da tanti e cosí gran pericoli, finché il ripose qui in questa città, dove tanto onorato e riputato si ritrova.
      Il licenziado, come persona di discorso e che avea già veduto come gl'Indiani accendevano lume, come s'è detto nel sesto libro, conoscendo che la maggior parte dell'infermità delle quali alcuni de' suoi compagni morivano nascevano dal mangiar crude quelle carni e pesci, onde per rimediarvi, per quelli che vivi vi restavano, tolti due pezzi di legno secco che ivi il mare condotti aveva, ne cavò fuoco fregandoli forte insieme: di che sentirono una nuova maniera di piacere tutti. E appreso il fuoco cominciarono ad arrostire alcuni di quelli uccelli, che stavano ben grassi e molto odoravano. Ma non già per questo gli restava di crescere ogn'ora piú la sete, anzi pareva che dal medesimo rimedio maggiori inconvenienti nascessero, perché piú vicini alla morte si vedessero. Stando in questa miseria ogni dí ne morivano, e senza dubio pareva che Iddio miracolosamente sostenesse in vita questo cavaliero, poiché, essendo esso piú delicato degli altri e meno uso a quelle miserie, anzi allevato in buoni cibi e ben servito a casa sua, doveva chiaramente maggiore alterazione sentire nella sua persona e piú infermarsi che niuno degli altri, per avere fatto cosí grande e cosí subita mutazione in mangiare carne cruda e bere sangue.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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