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      Intesa la venuta de' nostri si partirono, percioché erano pochi.
      Doppo la lor partita vennero da noi ambasciadori che dicevan esser mandati dai signori di quelle provincie, e con esso loro erano due di quegli ambasciadori i quali ho detto ch'io mandai alla provincia di Tascaltecal, affermando che i signori delle provincie erano del tutto innocenti delle cose che erano successe, percioché erano communità, e ciò era stato fatto senza lor consiglio e se ne dolevano grandemente, offerendosi a pagare i cavalli uccisi, e che sommamente desideravano la mia amicizia, e ch'io andassi da loro senza paura d'inganno alcuno, che mi riceverebbono con lieto e grato animo. Risposi che io gli ringraziava infinitamente e voleva sodisfare a lor desiderio. In quella notte io e i compagni fummo astretti alloggiare in campagna, per ispazio d'una lega lontano dal luogo dove era intervenuto il fatto, appresso un certo torrente, sí perché l'ora era tarda, sí ancora perché i soldati erano stanchi per la fatica del viaggio. Quivi, poste le guardie e le sentinelle de' fanti a piè e de' cavalli, stemmo fino al giorno, e de lí poi in ordinanza, con l'antiguarda e retroguarda e con alcuni che scorrevano avanti per riconoscere il paese, mi partii. E al levar del sole, essendo giunto ad un picciolo castello, gli altri due sopradetti ambasciadori di Tascaltecal piangendo mi vennero incontra, e dissero che quelle genti gli avevano fatti prigioni per ucciderli ed essi quella notte ascosamente se n'erano fuggiti.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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