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      E li predetti Indiani di Culua l'avevano ucciso nel viaggio insieme co' detti Spagnuoli, e gli avevano tolto ogni cosa che portavano, e alcune scritture che io avevo raccolte insieme con gli abitatori di queste provincie. Similmente intesi che avevano uccisi piú Spagnuoli nel viaggio, che andavano alla città di Temistitan, pensandosi che io quivi me ne vivesse pacificamente, e che le strade fussero sicure come solevano esser prima. Per la qual cosa (io dico il vero alla Maestà Vostra) tutti sí fortemente ci attristavamo e dolevamo che nulla piú ci potevamo dolere né attristare, percioché, oltra la perdita de' detti Spagnuoli e dell'altre cose, che erano molte, vi fu il ritornarci alla mente la morte degli Spagnuoli uccisi nella gran città e ne' ponti e ciò che poi n'intervenne nel viaggio, e massimamente che mi avevano messo in sospetto che avessero assaliti ancora quegli che erano rimasi nella città della Veracroce, e coloro che erano amici nostri, udita la nostra rotta, si fussero ribellati. E subito ispedi' alcuni nunzii con certi Indiani che gli guidassero, a' quali ordinai che non andassero insino a quella città per le strade comuni, e che tosto mi avisassero di ciò che ivi si faceva. Piacque all'altissimo Iddio che fussero trovati salvi gli Spagnuoli, e tutti li paesani che avevamo per confederati star pacifici e quieti: la qual nuova apportò grandissimo alleviamento alla nostra perdita e maninconia, e all'incontro essi presero dispiacere della nostra rotta.
      Stetti in questa provincia di Tascaltecal venti giorni attendendo a far medicar le mie ferite, le quali erano cresciute e per la longhezza del viaggio e per non averle medicate, e massimamente quelle della testa; il simile facendo delle ferite de' miei compagni, de' quali alcuni morirono in parte per le ferite e in parte per le patite fatiche, e alcuni rimasero storpiati o zoppi per le ferite, e pochi medicamenti e ripari si trovavano per rimedio, e io rimasi storpiato di due deta della mano sinistra.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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