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      Io gli confortai a star con animo ardito, e che non temessero, e dimorassero in casa loro né si movessero, percioché di niuna cosa pigliavo maggior piacere che di combattere contra di que' di Culua; e che stessero apparecchiati e mettessero le guardie in tutta la lor provincia, e, vedendo e sentendo gli nemici venire, subito me lo facessero a sapere. E cosí si partirono, avendo in animo di voler esequir quel che io avevo ordinato. Quella notte misi in ordine i miei soldati e posi le guardie dove conobbi che facesse di bisogno, e quella notte noi non andammo a dormire, né attendemmo ad altro; e tutta quella notte e l'altro giorno stemmo aspettando, giudicando che dovesse avenire ciò che ne avevano detto que' di Guaxuta e di Coatincan. Il giorno seguente mi fu riferito che gli nemici andavano trascorrendo per la riviera del lago con intenzione di pigliar qualcuno degl'Indiani di Tascaltecal, che andavano e tornavano per portar le cose necessarie all'esercito; e avevo inteso che avevano fatto lega con due terre suddite alla città di Tessaico, che erano vicine al lago, per farci da quella via ogni danno che potevano, e per fortificarsi facevano argini e fossi e diverse altre cose per loro difesa.
      Udito questo, il giorno seguente, con dodeci cavalli e dugento fanti e due piccioli pezzi d'artegliaria da campo, me ne andai dove gli nemici andavano scorrendo, il qual luogo è lontano dalla città per spazio di una lega e mezza. Ed essendo uscito, trovai certe spie mandate da' nemici, e altri che erano posti in aguato, e andammo loro adosso e perseguitandoli ne uccidemmo alcuni; quegli che rimasero si gettarono all'acqua, e noi abbrucciammo una parte delle dette terre, e allegri per la ottenuta vittoria ritornammo alla città. Il giorno seguente tre de' principali di dette terre vennero umilmente a dimandarmi perdono, pregandomi che io non volesse piú distruggerli, e mi promettevano per l'avenire di non ricevere piú alcuno di que' di Temistitan: ed essendo costoro persone di non molta importanza, e sudditi di Ferdinando, per nome di Vostra Maestà perdonai loro.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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