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      In questo mezzo sopravenendo l'ora tarda e il tempo di ritirarsi, e allora ci trovavamo in grandissimo pericolo, non minore che nel pigliar li ponti, percioché gli nemici, vedendoci ritirare, prendevano tanto piú ardire, non altrimenti che se essi avessero avuto vittoria e che noi ci fussimo dati a fuggire, onde era necessario che i ponti fussero ben ripieni e il terreno pareggiato con la via della contrada, accioché li cavalli potessero da ogni banda scorrere. E a questo modo ritirandoci e perseguitandoci essi cosí facilmente, alle volte fingevamo di fuggire, e noi a cavallo ritornavamo contra di loro, e sempre ne pigliavamo dodeci o tredici de' piú valenti: e a quel modo, e con alcune altre insidie che facevamo loro, venivano ad esser molto da noi offesi. Ma certamente questo era bello e degno di grandissima maraviglia, che, essendo loro notissimo il danno che noi facevamo in perseguitargli, nondimeno non restavano di seguitarci finché ci vedevano uscire della città.
      E cosí ritornammo al campo, e i capitani degli altri campi mi fecero intendere come quel giorno per la grazia d'Iddio avevano avuto ogni cosa prospera, con una grandissima uccisione de' nemici e per acqua e per terra. Pietro d'Alvarado, che stava nella città di Tacuba, mi scrisse aver presi due overo tre ponti, percioché, trovandosi egli in una via mattonata che esce dalla piazza di Temistitan e arriva a Tacuba, avendo quelli tre brigantini ch'io gli avevo dati da un lato potuto appressarsi alla detta strada, non era stato in tanto pericolo quanto alli giorni passati.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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