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      In questo mezzo gli Spagnuoli, che rotti erano fuggiti, se n'andavano per quella via mattonata, la quale era breve e stretta ed equale all'acqua, avendo gli nemici a posta fabricata di cotal maniera. Per la medesima n'andavano anco messi in fuga ed isconfitti molti de' nostri amici indiani, onde la strada era tanto impedita ed essi erano sí lenti nell'andare, che davano tempo a' nemici di poter passar l'acqua d'ogni banda, e pigliarne e uccidere quanti pareva loro. Per la qual cosa quel capitano che era meco, nominato Antonio Evignone, disse: "Partiamoci di qui e salviamo voi, essendo certi che, se vi perderemo, niun di noi potrà scampare". E appena poté far tanto ch'io mi partissi de lí, e, vedendo egli questo, con le braccia in croce mi pregava che tornassimo adietro. E benché io desiderassi piú di morire che di vivere, nondimeno, per esortazione del predetto capitano e degli altri soldati che vi erano, cominciammo a ritirarci, combattendo a spade e rotelle co' nemici che ne venivano a ferire. In questo tempo venne un mio servidore e aprí alquanto la strada; nondimeno subito da una terrazza assai bassa lo ferirono nella gola, di modo che fu forzato a cadere. E trovandomi in tal combattimento, aspettando che la gente passasse, acciò si riducesse in luogo sicuro, venne un mio servidore con un cavallo, afinché io vi montassi; ma era tanto fango in quella via stretta, per la moltitudine di coloro che entravano e uscivano dell'acqua, che niuno vi si poteva fermare. Io montai a cavallo, non già per combattere, percioché era impossibile quivi mettersi a combattere a cavallo.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





Spagnuoli Antonio Evignone