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      E furono tanto ostinati nel combattere, e duraronvi sí gran pezzo, che, rotti tre o quattro volte, si rimisero altrettante. E, fatto dell'ordinanza com'una mola rotonda, mettevansi cosí con le ginocchia in terra e aspettavanci senza parlare né alzar grido, come sogliono far gli altri; né noi entravamo volta fra loro che non c'investissero con molte freccie, e tante erano che, se non ci trovavamo ben armati, ei si averebbono dato un bel vanto di noi altri, e per aventura non ne scampava contra di loro alcuno. Volle Dio che certi di loro, piú acosto ad un fiume che scorrea d'appresso in quella palude ch'io avea costeggiata il dí, cominciarono a gettarsi all'acqua, dietro alli quali si dettero a fuggire gli altri pur al fiume, e cosí furono rotti; ma non fuggirono piú lontano che di là dal fiume, sopra lo quale stemmo, lor d'una banda e noi dall'altra, sino all'oscurar della notte, che, per esser profondo il fiume, non potevamo passar ad assaltargli, e non ci increbbe punto quando essi lo passarono. Di qui n'andammo ad un luogo lontano un tratto di fromba dal fiume, dove stemmo quella notte con la maggior guardia che potemmo, e vi mangiammo, per non esservi altro cibo, il cavallo che ci avevano morto.
      N'andammo il giorno appresso per una strada, non comparendo alcuni di quelli del giorno avanti, per la qual arrivammo in tre o quattro luoghi abitati, dove non si trovò gente alcuna, né altro che cellari da vino il quale si fa da loro, del quale trovammo molte tinaccie. Noi passammo quel giorno senza intoppo di gente, e dormimmo in campagna, avendo trovati certi seminati di maiz, ch'è il lor formento, dove gli uomini e cavalli poterono alquanto rinfrescarsi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





Dio