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      E arrivò con molto travaglio, perché pensorono non condur mai alcuni cavalli, per mancamento di ferrature per il mal cammino, perché passorono per molte montagne, la strada delle quali era fatta a mano come una scala; ma il signor Hernando comandò agli Indiani che facessino ferrature d'oro e d'argento, e cosí li chiodi, e in questo modo condussero li suoi cavalli al luogo dove era la moschea, ad una città la quale è maggior di Roma, detta Pachalchami. Nella qual moschea è una camera molto brutta e sporca, dove è un idolo fatto di legno molto brutto, il qual dicono essere lo Dio loro, e che questo fa nascere tutto quello di che vivono, alli piedi del qual tengono offerte alcune gioie, massime smeraldi legati in oro; e hannolo in tanta venerazione che vogliono che sol quelli lo vadino a servire che da quello (come dicono) son chiamati, e dicono che nessuno è degno di toccarlo con mano, né ancora li muri della casa sua. Non è da dubitar che il diavolo non entri in quel idolo e parli con quelli suoi ministri, e dichi loro quel che hanno a dir per il paese. Vengono a questo idolo con grandissima divozione gl'Indiani di lontano trecento leghe, e gli offeriscono oro e argento e gioie, e subito che arrivano presentano il dono al portinaro, e lui entra dentro e parla con l'idolo e porta fuora la risposta. Avanti che alcuno ministro vadi a servirlo, bisogna che 'l sia puro e casto, e che digiuni e non tocchi donna. Tutto il paese di Catamez che è lí intorno è devotissimo di questa moschea, e per questo vi portano ogni anno tributo, e l'idolo fa loro intendere che lui è loro Iddio, e che tutte le cose del mondo sono nelle man sue, e che niente adviene agli uomini che non sia di sua volontà: per il che gli Indiani della moschea e della città di Pachalchami erano in grandissima paura, perché il capitano Hernando Pizarro con gli Spagnuoli senza alcun rispetto erano entrati a vederlo, e per questo dubitavano gli Indiani che, dapoi usciti gli Spagnoli, l'idolo non gli distruggesse.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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