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      Atabalipa mandò tosto messi alli suoi capitani che nella città del Cusco stavano, che li mandassero duomila Indiani carichi d'oro, con molti altri carichi d'argento: e questo era senza quello che era già in viaggio, e veniva col suo fratello prigione. Dimandato dal governatore quanto avrebbono tardato i suoi messi a giungere alla città del Cusco, rispose che, quando mandava in fretta per volere fare intendere alcuna cosa, v'andavano correndo in poste di terra in terra, e vi giungeva l'aviso in cinque dí; ma che, quando li messi andavano di lungo, ancorché fussero persone disciolte e preste, vi tardavano quindeci dí ad andare. Dimandato medesimamente perché avesse fatto ammazzare alcuni Indiani, che avevano nel suo campo ritrovati morti li cristiani che avevano raccolta la preda, rispose che, quel dí che esso aveva mandato Fernando Pizarro suo fratello nel campo a parlarli, un cristiano aveva spinto e rimesso un cavallo, e quelli che morti stavano s'erano ritirati per paura, e che perciò gli aveva esso fatti morire.
     
     
      Descrizione e statura del corpo d'Atabalipa. D'una moschea nella quale adorano i loro idoli. Della chiesa edificata da' Spagnuoli in Caxamalcha. Della morte del Cusco, fratello d'Atabalipa. Dell'arrivar nel porto di Canzebi il capitan Diego d'Almagro con molti Spagnuoli e cavalli.
     
      Era Atabalipa uomo di trenta anni, di buona persona e disposto, grosso alquanto e col viso grande e bello, ma fiero, e con gli occhi macchiati di sangue. Parlava con molta gravità, come gran signore, e faceva assai vivi ragionamenti, onde gli Spagnuoli che l'intendevano ne cavavano e s'accorgevano che egli era persona savia.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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