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      Ma, per la copia grande di ghiaccio ch'era lungo di detta terra, ne convenne entrar in un porto chiamato Santa Catarina, distante da detto porto verso ostro scirocco da cinque leghe: quivi ci fermammo dieci giorni aspettando buon tempo, e in questo mezzo racconciammo le nostre barche.
     
     
      Come arrivorono all'isola degli Uccelli, e della gran copia d'uccelli che ivi si trova.
     
      Alli 21 di maggio facemmo vela con vento di ponente e andammo verso tramontana quarta di greco da capo di Buona Vista fino all'isola degli Uccelli, la qual era tutta quanta circondata da un banco di ghiaccio, rotto però tutto e diviso in pezzi. Ma nonostante detto banco, le nostre due barche v'andarono per aver degli uccelli, de' quali ve n'è cosí gran copia ch'è cosa incredibile a chi non la vedesse, percioché, quantunque detta isola (quale contiene intorno una lega di circuito) ne sia tanto piena che pare che vi siano stati portati a posta e seminati, nondimeno ne sono cento volte piú nel circuito di essa e nell'aria che di dentro. De' quali alcuni sono grandi come graculi, neri e bianchi, e hanno il becco come il corvo: stanno sempre nel mare, né possono volar in alto, percioché le loro ali sono picciole, non maggiori che la metà della mano, con le quali però tanto velocemente volano a pelo d'acqua quanto gli altri uccelli nell'aria; sono grassi fuor di misura. Noi la chiamammo aporrath de' quali le nostre due barche si caricorono in manco d'una mezza ora, come si sarebbe fatto di sassi, onde ciascheduna delle navi ne insalò da quattro o cinque botte, senza quelli che mangiammo freschi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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