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      Ma con l'aiuto di Dio discendemmo senza farsi alcun male: tra tanto Guglielmo di Bernardo, che dal copano, dove ci aspettava, ci vedeva in quel modo giú rovinare, si trovava in maggior spavento di noi. Indi spingendo co' remi il battello andammo alla nave di Giovanni di Cornelio, e qui mangiammo le ova.
      12 giugno di mattina vedemmo un grand'orso bianco, onde, entrati nel copano e co' remi spingendolo, si ponemmo a seguitarlo, stimando, gettatoli un laccio al collo, di poterlo prendere. Ma, fatti a quello vicini, lo vedemmo tanto robusto e terribile che non ci bastò l'animo d'assaltarlo; onde tornammo alla nave a tor degli altri uomini e dell'armi, e poi tornammo di nuovo a perseguitarlo con archibugi, scurre romane (che volgarmente dicono allabarde) e altre scurre communi, e ci accompagnarono anco i marinari della nave di Giovanni di Cornellio per darci aiuto. Cosí dunque ben forniti d'uomini e d'arme spingemmo i due copani co' remi verso l'orso, col quale quasi per due ore combattemo, che a pena lo potemmo con le nostre arme toccare. Finalmente con una menara grande gli fu dato una ferita cosí grande e con tanta forza ch'ella gli restò dentro attaccata, nientedimeno con la scurre nuotava; ma seguitandolo noi sempre, pur al fine gli fu con una scurre franto il capo, sí che convenne morire. E poi, portatolo nella nave di Giovanni, gli fu cavata la pelle, la quale fu longa 12 piedi; volemmo anco gustar della sua carne, ma ci fece male.
     
     
      D'una maravigliosa battaglia fatta con un ferocissimo orso da due barche piene di uomini, nella quale ruppero tutte le armi prima che lo potessero uccidere, dal quale fu dato il nome all'isola.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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