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      Avuta questa buona novella, dammo al Lappone la sua mercede e appresso alcuni vestimenti, come calzoni e altro, sí che del tutto era vestito alla ollandese, percioché ci pareva già d'esser in porto. Dipoi avendo cenato allegramente, se n'andammo a dormire. Non è da tralasciar quivi ancora il presto ritorno del Lappone, percioché nell'andare, come ci riferí il nostro compagno, caminando anco di buon passo stettero due giorni e due notte avanti che arrivassero in Cola, e nel ritorno non stette piú d'un giorno, il che ci fu di maraviglia, percioché vi era differenza d'un giorno, sí che tra noi dicevamo che doveva aver qualche arte; e ci portò anco una pernice che con lo schioppo aveva uccisa.
      30 d'agosto, sendo assai buon aere, stavamo ancora dubitando chi fusse questo Giano figliuolo di Cornelio che aveva scritta questa lettera, e, tra diversi ragionamenti e discorsi fatti dell'uno e dell'altro, fu detto che poteva esser quello che l'anno passato s'era messo con noi a far questa navigazione; ma questa opinione non durò molto, percioché non meno disperavamo della sua vita di quello che egli facesse della nostra, e stimavamo che gli fusse occorso assai peggio che a noi, e in somma che già gran tempo fusse morto. Finalmente disse il nocchiero: "Voglio un poco vedere le lettere che mi sono state scritte, tra le quali ve n'è una scritta di sua mano, la quale se si confronterà di carattere ci leverà ogni dubbio". Trovata e spiegata la lettera e confrontata, trovossi che era quell'istesso Giano figliuol di Cornelio, laonde non meno ci rallegrammo della sua salute che egli facesse della nostra.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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