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      I Napoletani nelle susseguenti rivoluzioni di quello Stato, ebbero sopra tutti gli altri popoli la gloriosa distinzione di sopprimere radicalmente il S. Ufizio, e non lasciar veruna traccia di quel formidabile Tribunale. Vani furono i tentativi di Ferdinando il Cattolico per rimetterlo in vigore come fatto avea in altri suoi Stati. Ciò si può vedere ampiamente nel libro XV. e XIX. dell'Istoria Civile di detto Regno del celebre Pietro Giannone. Nell'anno 1547. Don Pietro di Toledo Vicerè di Napoli Padre di Eleonora moglie di Cosimo I. Granduca di Toscana, inerendo alle precise istruzioni dell'Imperatore Carlo V. suo padrone, a cui era stato affermato, che più de due terzi dei Napoletani aderivano alle massime di Lutero e altri Eresiarchi di quel secolo infelice e ciò per opera del Cardinale Teatino, che regnò sul Soglio Pontificio col nome di Paolo IV. tentò d'istituire in quella Capitale l'Inquisizione sull'uso di Spagna. Il nome solo eccitò a un tratto tanta commozione e sedizione popolare, che una gran porzione della plebe prese le armi, ne nacque una guerra civile, più volte si venne alle mani, e specialmente il dì 21. Luglio di detto anno con grand'effusione di sangue. Don Fernando S>. Severino Principe di Salerno, e Don Placido di Sangro, inviati furono dalla Città ad esporre le sue ragioni al Monarca ma invano, ed in vece di tornar lieti alla patria furono proscritti, e costretti andare esuli per il mondo. Il popolo però stette costante in non obbedire, e quantunque le truppe Spagnuole restassero superiori per avere in mano le Fortezze, bisognò desistere dall'impresa d'introdurre l'Inquisizione per timore di sempre nuove sollevazioni, e l'istesso esito infelice ebbero i tentativi di Filippo II. nel 1561. e 1563. anzi allora fu che prese vigore una Giunta o Magistrato composto tutto di soggetti Napoletani, che altra cura non hanno, che invigilare, che non vengano infranti i privilegi della Città con l'introduzione del S. Ufizio.


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Fatti attinenti all'Inquisizione e sua istoria generale e particolare di Toscana
di Modesto Rastrelli
pagine 156

   





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