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      Quivi stette fino all'ore 5. di notte allora quando ritornati i padroni, e veduta una tal donna vecchia e di brutto aspetto, che timida e quasi ascosa se ne stava in un canto del cammino, credettero che si fosse calata per la gola di quello, onde levarono gran rumore chiamandola strega, e facendole ruzzolare la scala. Accorsero i vicini allo strepito, e veduta tremante quella misera donna ne avvisarono la giustizia, che subito la pose in carcere previo il consenso dell'Inquisitore. Tanto però fu nell'atto della carcerazione strapazzata e percossa, che allora quando la mattina al tardi le fu dal carceriere portato il cibo, acciò si refocillasse prima di esser trasferita alle prigioni del Sant'Ufizio, fu ritrovata priva miseramente di vita. Il cadavere dopo essere stato esposto al pubblico disprezzo venne portato a seppellirsi lungo le mura della Città in luogo non sacro. Dopo alquanto tempo venuto l'affare alla cognizione di Monsignore Arcivescovo, poi Cardinal Morigia Milanese, fatti gli opportuni esami si trovò, che la detta donna non era strega altrimenti, ma piuttosto scema di cervello, onde fu ordinata una pubblica riparazione all'onore della defunta coll'esser pubblicamente dissotterata, e condotta ad essere umata in luogo sacro, tanto ancora potea nelle menti degli uomini la credulità e il fanatismo. Nel dì 27. Febbraio 1695. fu creduto che un tal Jacopo Balestri di nascita vilissima e abietta educazione, di professione tessitore di seta eccellente nella sua arte, fosse un Eresiarca peggiore di Lutero, e Calvino, benchè non sapesse nè leggere nè scrivere, onde per essere addetto a qualche autorevole Personaggio, ebbe a contare per somma grazia il poter far l'abiura privata di quelli errori di domma, che egli assolutamente non conosceva, avanti il Padre Inquisitor nella così detta Compagnia de' Tessitori, e soffrir poi dieci anni di occulta prigionìa nelle carceri del S. Ufizio come ateista, essendogli stato fatto credere, che il costituirsi in esse non era che una semplice formalità. Nel dì 13. Maggio 1670. il nobile Alessandro Martini Fiorentino fu astretto parimente a far l'abiura de' suoi errori avanti l'Inquisizione, a cui fu accusato di servirsi dei passi della Sacra Scrittura per sedurre gli animi incauti e deboli, e abitando sempre in villa avere sparse delle massime simili a quelle del Prete Michele Molinos Spagnuolo condannato poch'anzi dalla Romana Congregazione del S. Ufizio, per giungere a suoi illeciti fini per mezzo della perfida ipocrisia, vizio orribile che era in gran voga a que' tempi.


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Fatti attinenti all'Inquisizione e sua istoria generale e particolare di Toscana
di Modesto Rastrelli
pagine 156

   





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