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      In estate il cielo della Dalmazia è in generale perfettamente sereno; ma in autunno piove frequentemente a torrenti, e questo si ripete in primavera: l’inverno è talvolta piovoso, ma in generale è all’epoca degli equinozi che si sviluppa l’umidità. Il vento che reca le piogge sulle coste dell’Adriatico è lo stesso arido scirocco delle terre africane, il quale, passando sul Mediterraneo, si carica di vapori; la Dalmazia deve a lui i suoi calori e l’abbondanza delle sue piogge. È a notarsi che l’orientazione della costa illirica da nord-ovest a sud-est dà alle brezze alterne di terra e di mare, che soffiano dal nord-est e dal sud-ovest, precisamente la stessa direzione delle due correnti atmosferiche generali dell’emisfero boreale: queste brezze, neutralizzando i venti primarî quando si propagano in senso contrario, ne raddoppiano la forza quando soffiano verso la stessa parte dell’orizzonte. Ne deriva che la violenza dei venti è talvolta formidabile nel golfo dell’Adriatico. È temuta soprattutto la bora, l’antico Borea, un vento il quale dal Monte-Re e dalle montagne situate più al sud, discende ad incontrare lo scirocco; è il mistrale del Carso e della Provenza. Come il vento provenzale atterra talvolta pedoni e cavalieri, la bora sull’altipiano che domina Fiume, nel 1873, ha fatto deviare e rovesciare un treno ferroviario; esso s’ingolfa in turbinii nello cavità dell’altipiano, e vi agghiaccia persino gli abitanti nelle loro abitazioni mal riparate. Sul mare, la bora non è meno temibile e le navi che passano vicino all’apertura delle valli di dove discende il vento impetuoso, sono costrette a manovrare colla più grande precauzione per evitare disastri; i marinai temono soprattutto la bora di Zengg (Segna), così denominata perchè piomba sul mare davanti al porto di quella città, a cagione della profonda breccia che la gola di Vratnik forma in quel sito sulla riva dell’altipiano.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume 1 - Introduzione generale - L'Europa centrale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1884 pagine 1407

   





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