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      Questi laghi o stagni assomigliano a quelli dei Pirenei centrali e come quelli riempiono delle loro limpide acque ampie vasche di granito, sovrapposte le une alle altre nelle valli profonde. I montanari li chiamano poeticamente «Occhi del mare» (174) come se l’Oceano avesse fatto venir su di sotterra le sue acque per riflettere in mezzo ai monti la bellezza delle rocce e delle nevi; secondo gli indigeni ogni tempesta del mare agiterebbe nello stesso tempo le onde dei serbatoi lacustri del Tátra. La pubblica opinione ritiene che di questi piccoli laghi non si possa trovare il fondo, sebbene molti debbano il nome di lago «Rosso, Nero o Verde» al colore delle sabbie del fondo traveduto sotto l’acqua trasparente. Il Ryby Stav o lago dei Pesci, quasi altrettanto vasto del Vielki Stav misura soltanto 60 metri nel punto più profondo; il Csorba quasi 21 metri, e un altro pure «senza fondo» non ne misura che cinque.
      Il gruppo del Tátra è assai povero di miniere, ad eccezione del ferro; eppure gli abitanti delle valli circostanti immaginano che nelle profondità dei laghi del Tátra siano nascosti immensi tesori: una di essi rinchiuderebbe un carbonchio di una grossezza prodigiosa che anticamente brillava come un sole da una delle alte cime; altri laghi riboccano di monete d’oro e d’argento custodite da rospi che hanno pietre preziose invece d’occhi e portano piccoli grani d’oro nelle loro branche. Gli stregoni soltanto mercè le loro malie possono attingere a queste ricchezze, ma ciò non accade senza pericolo degli abitanti del paese giacchè potrebbero altresì rompere le rive dei laghi e riversarne le acque nella pianura.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume 1 - Introduzione generale - L'Europa centrale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1884 pagine 1407

   





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