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      Grazie al suo isolamento, al cono bianco che lo termina, al bacino azzurro, nel quale si riflette, questo vulcano appare più grande di qualche altra montagna più alta, ma posta nel mezzo d'un gruppo o nelle vicinanze di altre vette. Shiel lo paragonava al Demavend ed attribuiva la stessa altezza ai due vulcani, che tuttavia differiscono di 2,500 metri almeno. Si è visto del pari nel Seiban un rivale del monte Ararat, e la leggenda racconta che abbassandosi, le acque del diluvio spinsero dapprima l'arca di Noè sul Seiban, poi, rimenandola a nord, la fecero incagliare definitivamente sull'Ararat; una volta gli Armeni vi portavano una pecora senza macchie per sgozzarla sull'orlo del cratere [475]. La vetta suprema, profonda 150 metri, piena di neve nell'inverno, di fiori nell'estate, qualche volta anche contenente un laghetto, è circondata di scorie biancastre erette in coni. Dall'una o dall'altra di queste montagnole, che le fanno cintura, si contempla a nord l'immenso orizzonte delle montagne d'Armenia, che si sviluppa in una curva di 300 chilometri, dal Bingol-dagh all'Ararat. A sud si vede il cratere laterale riempito dall'Aghir gol o "lago immobile"; più lontano si stende il bacino del lago di Van, con i suoi seni, i suoi golfi, le paludi che lo prolungano e l'anfiteatro dei monti che lo circondano; al piede occidentale del vulcano si estende il piccolo lago di Nazik, bacino d'acqua dolce situato sullo spartiacque fra il lago di Van e l'Eufrate, ad ognuno dei quali manda un ruscello, almeno nella stagione piovosa [476]. Verso il sud-ovest la bruma si confonde coi vaghi lineamenti delle pianure.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume IX - L'Asia Anteriore.
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1891 pagine 1124

   





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