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      Secondo Lerch, la lingua kurda si divide in cinque dialetti, uno dei quali, il kermangii, è parlato da tutte le tribù ad occidente di Mossul [516]. Tutti questi dialetti sono rudi, risuonanti come per una serie d'esplosioni, ma hanno meno sibilanti e gutturali della maggior parte dei linguaggi che parlano le nazioni vicine. Alcuni canti popolari, che celebrano le montagne, i fiumi, gli eroi, senza lunghi sviluppi poetici, ma con un sentimento profondo, costituiscono tutta la letteratura originale; i missionari americani vi hanno aggiunto la traduzione della Bibbia e di qualche opera religiosa. Non avendo scrittura propria, i Kurdi si servono dell'alfabeto arabo modificato dai loro vicini Persiani, e quelli che s'elevano coll'istruzione, abbandonano ordinariamente la propria lingua per quella degl'Irani o dei Turchi inciviliti; il loro nome, Kurdi, è d'origine persiana e significa "Forti" o "Potenti". È vero che i Tartari derivano questa parola da Gurd o "Lupo", vendicandosi con questa etimologia ironica della crudele rapacità d'un popolo che li ha fatti spesso soffrire. I Kurdi si affibbiano volentieri una discendenza araba, e si può credere che realmente un certo numero dei loro capi appartenga a questa razza di conquistatori.
      Balutsci, Beduini, Apachi, Patagoni, nessuno supera i Kurdi delle tribù guerriere negl'istinti del saccheggio e nell'arte di soddisfarli. Il capo, il cui castello fortificato domina come nido d'aquila l'imboccatura delle gole, mantiene una banda di ladroni, che corrono le strade dei dintorni e gli recano il bottino.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume IX - L'Asia Anteriore.
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1891 pagine 1124

   





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