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      Gli autori si accordano nel dire che la Palestina era coperta di foreste sopra una gran parte della sua estensione; adesso sono interamente scomparse, fuori che nelle vicinanze del mare e su qualche pendio bene esposto ai soffi umidi; i soli avanzi che se ne ritrovano altrove, sono radici, che gl'indigeni cavano per farne carbone o legna da ardere. Le coltivazioni si stendevano una volta molto al di là dei limiti attuali; fino in pieno deserto, dove oggi mancherebbe l'acqua necessaria all'irrigazione, si vedono le traccie d'antiche piantagioni. La Palestina intiera, attualmente così arida e così pietrosa in tutta la regione meridionale, era coperta di vegetazione: le montagne erano lavorate a terrazze, simili a quelle della Provenza e della Liguria; da Dan a Beer-sebah, fin nella penisola del Sinai,[1014] si vedono tutto intorno sulle colline le rovine di muri, che sostenevano la terra dei vigneti. Almeno, se la Siria e la Palestina hanno mutato di clima, se l'atmosfera vi è, come in tutta l'Asia Anteriore, diventata meno umida, la salubrità generale vi si è conservata; i terreni in pendìo facilitano lo scolo delle acque e le paludi sono poco estese. Là dove occupano una superficie considerevole, come nei dintorni d'Antiochia, il paese, pericoloso ad abitare anche in inverno, si spopola completamente nell'estate.
      Qualche cambiamento, corrispondente a quello del clima, s'è prodotto nella flora siriaca. I datteri crescono a Gerico, ma sono diventati molto rari: il signor Conder ne ha trovato appena due piante nell'oasi.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume IX - L'Asia Anteriore.
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1891 pagine 1124

   





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