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      A mezzogiorno della pianura di Fogara si prolunga un giogo inclinato da oriente ad occidente e dominato a levante dal cono del monte Guna, quasi sempre circondato di nuvole. Questo largo giogo, coperto di un denso strato di terra nera e solcato da ruscelli che discendono dai fianchi sempre umidi del Guna, è l’altipiano del Debra-Tabor o Monte Tabor, così denominato da una chiesa di pellegrinaggio divenuta sin dal tempo di Teodoro la residenza principale de’ re di Etiopia. Sotto l’aspetto strategico la posizione è scelta maravigliosamente. A ponente si estendono le campagne littoranee del Tana, le più fertili di tutto il regno; dal culmine dove s’innalza il suo palazzo, a più di 2600 metri d’altezza, il sovrano
     
      N. 45. — MHADERA-MARIAM. [vedi 045.png]
     
      vigila collo sguardo sui campi che forniranno i viveri all’esercito; egli può recarsi, o ad oriente nell’alta valle del Takkazè che si può facilmente attraversare in questo sito per giungere agli altipiani superiori del Tigrè, o a mezzodì nella valle dell’Abai e sulle strade dello Scioa: non vi ha capitale di un paese sempre in guerra meglio situata di questa. Ma il collocamento del campo reale si è spesso cangiato sull’altipiano del Debra-Tabor, e qualche villaggio, ove si affollavano le turbe d’impiegati, di fornitori e di donne durante il soggiorno dell’esercito, rimane quasi abbandonato quando i soldati sono partiti per una lontana spedizione. Il villaggio del Debra-Tabor, dove risiede spesso il «re dei re» durante la stagione delle pioggie, porta il nome di Samara; a pochi chilometri a maestro vi è il villaggio di Gafat, per l’addietro abitato da fabbri «stregoni». Teodoro l’aveva assegnato per dimora ad una numerosa colonia di missionari protestanti, adoperata non ad evangelizzare gli abitanti, ma alla fabbrica degli arnesi, delle armi, delle munizioni da guerra: Gafat era allora l’arsenale dell’Abissinia.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume X parte I - L'Africa settentrionale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1887 pagine 1017

   





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