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      Il destino politico e sociale dei coltivatori del suolo egiziano è chiaramente indicato dall’ambiente in cui vivono. Il Nilo, proprietà comune della nazione, inonda tutte le terre ad un tratto, e, prima che i geometri avessero catastato il suolo, doveva renderlo tutto proprietà comune; i canali di irrigazione, indispensabili per la coltivazione dopo che si è tratto partito del terreno oltre la zona delle terre regolarmente inondate, non possono essere scavati e mantenuti che da moltitudini di lavoratori zappanti in comune. Esso non offre dunque che due alternative ai coltivatori: tutti associati, eguali in diritto, o tutti schiavi di un padrone indigeno o straniero. Durante il corso della storia scritta, l’ultima alternativa fu sempre nel fatto, qualunque siano stati d’altronde, sotto i Faraoni, i Tolomei ed i sultani, lo splendore
     
      SECONDA, TERZA E QUARTA PIRAMIDE. Disegno di Barclay, da una fotografia del signor Béchard. [vedi figura 498.png]
     
      delle città e la prosperità apparente del paese. I bassorilievi dei monumenti ci mostrano il popolo egiziano, or sono tremila anni, curvo sotto lo staffile, come lo è ancora oggidì; sempre oppresso, eccessivamente oppresso, il fellah non saprebbe emigrare come il Beduino nomade; nell’immensa pianura uniforme del delta, o nella stretta valle del fiume, egli non ha un solo rifugio dove possa tentare di mettersi al sicuro. La sua miseria è senza rimedio, il suo avvenire senza speranza, eppure ama con passione la sua terra natale. Lungi dalle rive del fiume amato, il fellah è colto dalla tristezza e muore roso dalla nostalgia: i più bei paesaggi sono i più semplici.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume X parte I - L'Africa settentrionale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1887 pagine 1017

   





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