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      Nel suo insieme, la flora egiziana offre un miscuglio di specie europee, asiatiche ed africane; ma gli è a quest’ultime che appartiene la preponderanza, almeno fuori del delta. L’aspetto dei paesaggi egiziani è dovuto sopratutto a forme africane: il tarfa (tamaris nilotica), il dattero, il sicomoro, la palma dum, la quale, del resto, non cresce in Egitto allo stato spontaneo, e si vede solo nei giardini a monte di Esneh. Il Fajum aveva un giorno il nome di «Paese dei Sicomori», e uno degli antichi nomi dell’Egitto era quello di «Paese dell’albero Bek», che era probabilmente la palma(726). Non avvi villaggio senza viali di palma attorno alle sue mura e lungo i suoi canali, e che non possegga almeno un sicomoro, dalle larghe ramificazioni spiegate, sotto il quale gli abitanti si radunano alla sera. Una volta il sicomoro, assai differente dalla specie che si conosce sotto questo nome in Europa, era un albero assai più comune in Egitto: il suo legno, riputato «incorruttibile», serviva alla fabbricazione di mobili di lusso e specialmente di feretri che si deponevano nelle necropoli; dopo tremila anni le tavole che si traggono dal fondo degli ipogei hanno conservato, grazie alla siccità dell’aria, tutta la resistenza e la finezza delle loro fibre. Il frutto del sicomoro era apprezzato dagli antichi come uno dei migliori; «il mortale che ne aveva assaggiato, dicevano, non poteva trattenersi dal ritornare in Egitto»; cosicchè, in occasione di una partenza, si aveva costumanza di mangiare di quei fichi per assicurarsi il ritorno nelle campagne del Nilo.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume X parte I - L'Africa settentrionale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1887 pagine 1017

   





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