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      N. 92. — CANALE DI TRAIANO. [vedi 092.png]
     
      Mentre i fanghi e le sabbie otturarono le opere dei Faraoni e dei Tolomei, di Traiano e di Amru, i sultani di Costantinopoli, diventati padroni dell’Egitto, progettarono spesso di ricominciare il lavoro dei loro predecessori; ma il progetto di restauro del canale non prese corpo che colla spedizione francese; una pleiade di uomini arditi sbarcò allora in Egitto, piena del desiderio di compiere grande cose, ed una delle più grandi parve quella di unire i due mari. Lepère ed altri scienziati si posero tosto all’opera per livellare la superficie dell’istmo e riconoscere in modo preciso le condizioni nelle quali l’opera poteva essere intrapresa. Disgraziatamente i risultati dell’esplorazione furono guasti da uno spiacevole errore. Lepère credette di aver trovato che il livello del mar Rosso oltrepasssava di metri 9,908, quasi 10 metri, il livello del Mediterraneo, e, sotto l’influenza di questo forte sbaglio, si lasciò trascinare a dividere l’illusione degli antichi, che temevano per le terre basse del litorale mediterraneo lo straripamento delle acque del mar Rosso per la via che loro sarebbe aperta. Rinunciò dunque a proporre lo scavo di un canale marittimo diretto, quantunque riconoscesse il grande vantaggio che sarebbe derivato al commercio del mondo dal riunire i due mari con una fossa profonda, non soggetta alle alterazioni delle piene e degli abbassamenti del Nilo(784). Riprendendo il piano dei Faraoni, egli proponeva la costruzione di un canale di 4 o 5 metri di profondità, dirigentesi dal Cairo a Suez con quattro grandi conche, due riempite dall’acqua dolce del Nilo e due dall’acqua salata del mar Rosso; inoltre quel canale doveva essere completato da una via navigabile scavata dalla testa del delta al porto di Alessandria.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume X parte I - L'Africa settentrionale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1887 pagine 1017

   





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