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      Ma sopratutto nocque la sospettosità astuta e crudele dei regnetti che si sbocconcellano l’Etiopia meridionale, regnetti a porte chiuse, staccionati e vigilati quasi fossero possessi in clausura o parchi di mandre paurose; vere trappole, come ammoniva il celebre D’Abbadie, simili all’Averno dell’Eneide, in cui è facile entrare e impossibile uscire. Infatti i nostri, nonchè riuscire all’ardua meta, neppur entrarono nel Caffa, d’onde dovevano pigliar le mosse per la terra veramente incognita. Che anzi uno solo ci è sopravvissuto a narrare l’impresa, Antonio Cecchi, esploratore intelligente e forte, che vide cadere al suo fianco, nella pugna disuguale colla micidiale natura e colla barbarie implacabile, il povero Chiarini, e spegnersi nell’oasi civile di Let Mareflà, in un ingratissimo oblio dell’Italia ufficiale, il marchese Antinori(902).
      Una alterna vicenda di imprevedute sconfitte e di necessarie rivincite aveva resa inaccessibile ai pellegrini della scienza non solo l’Abissinia, ma anche le vie che dal mare di Aden conducono allo Scioa. Quando la prima spedizione italiana entrò nell’Africa orientale, ogni cosa pareva volgersi a quiete, a quella quiete almeno, che può trovarsi fra atomi erranti di tribù selvaggie, e deboli concrezioni di barbare città. Gli Egiziani avevano sgomberate le terre del sultano di Zanzibar, e le troppo lontane e selvaggie regioni del «Nilo delle montagne», ed avviati accordi di tregua coll’Abissinia, così che il nuovo impero faraonico, allargatosi a troppa varietà e vastità di paesi, accennava ad afforzarsi in un vitale raccoglimento.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume X parte I - L'Africa settentrionale
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1887 pagine 1017

   





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