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      A questi popoli che nascondono il capo nella notte preistorica, sì che per averne una idea dobbiamo ricorrere ai sussidi della paleontologia, si aggiunsero nell'epoca storica i Celti, che con la grande invasione loro minacciarono per un momento di mutare le sorti della penisola. Ma anch'essi non lasciano sicuri documenti della lingua e si confondono cogli altri abitatori, mentre ancora più fitta è la tenebra che avvolge le antiche origini e le prime vicende dei Siculi e dei Sardi. Complessivamente, secondo G. Beloch, nel secolo di Augusto, l'Italia nei suoi confini geografici contava sei milioni e un quarto di abitanti, 50,000 liberi a Roma, 2,750,000 nelle undici regioni, due milioni di schiavi, con circa un milione di abitanti nelle isole maggiori.
      A tutte le lingue primitive, portate dalle colonie, dagli eserciti, dalle amministrazioni si venne imponendo l'idioma di Roma, ed il tipo logico e grammaticale ed il lessico del latino rimasero nei singoli dialetti, che accolsero in diversa misura voci tedesche, greche, arabe o d'altra origine straniera. Lo spirito di Roma aveva vinto e il patrimonio del lessico e della grammatica sono rimasti; ma l'organo fonetico reagisce, e l'abitudine organica, prodotto invincibile di una selezione naturale, viene sottomettendo i suoni della stessa parola latina alle più diverse variazioni. Verso il secolo decimoprimo, col volgare, di cui ormai possiamo seguire le traccie, giganteggiante con Dante, si formano e si affermano i dialetti. Ma restano oscuri e popolari sino al secolo XV, quando cominciano a tentare la letteratura dove acquistano importanza nel XVI, quasi lo spirito italiano, mentre si veniva rallentando la sua unità ideale, mirasse a raccogliersi in siffatta ricchezza di organi e di fibre particolari.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
Volume V - Parte seconda - L'Italia
di Elisée Reclus
Società Editrice Libraria Milano
1902 pagine 794

   





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