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      I villaggi degli Arabi si vedono appena, giacchè gruppi quali sono di tende e di baracche, si confondono col suolo circostante o si perdono in mezzo alla macchia. Del resto, gli Arabi hanno sempre cercato e cercano tuttora di tener celati i loro duar, giacchè temono tutti i «mangiatori» che passano, siano dessi impiegati civili o militari, e si nascondono per togliersi al costoso onore di ricevere i loro padroni e di apprestar loro la dhifa (diffa) o pasto di omaggio. Ne avviene quindi che paesi popolatissimi sembrino affatto deserti. Più visibili che i duar degli Arabi sono i villaggi dei Cabili, posti sulla sommità dei monti, sebbene il colore grigiastro che hanno comune con gli scogli, dia loro l'aspetto di chine naturali. Unica costruzione architettonica in cui appaia l'opera della mano indigena, sono le tombe de' santi, cupole a base quadrata, la cui bianchezza sfolgorante spicca tra il folto fogliame degli ulivi.
      Vastissime ancora sono però le regioni, dove si può camminare ore ed ore senza incontrare alcuna abitazione. Tale, sugli altipiani dell'Algeria orientale, la contrada le cui acque si versano nella Megierda e nell'ued Melleg suo affluente. Codesta regione, che è una naturale dipendenza della Tunisia, ha una superficie di circa 7,000 chilometri quadrati, forse di 10,000, contando gli spazi del pendìo, che non si sa ancora a chi appartenga. È questa un altipiano di 1,000 a 1,100 metri di altitudine, confinante a sud coi contrafforti settentrionali del giebel Aures, a nord coi monti boscosi dei Beni-Salah.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
olume 11 - l'Africa settentrionale - parte II
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1890 pagine 1046

   





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