La città, che, non ostante il nome, è fabbricata di mattoni, posa sopra fondamenta composte in gran parte di materiali antichi: ivi Tissot scoperse le sole iscrizioni greche finora trovate nel Marocco. Le case di Ksar el-Kebir non sono imbiancate con la calce come quelle della maggior parte delle altre città marocchine. Ksar el-Kebir è sporca e triste; la «più laida delle città del Maghreb el-Aksa», la dice il signor di Foucauld; però da lungi le palme che s'innalzano sopra il comignolo dei tetti e le cicogne che volano a nubi intorno ai minareti le danno un aspetto pittoresco. Sembra che la battaglia di Alkazar-Kebir, per cui nel 1578 finì la potenza portoghese nel Marocco, non sia avvenuta presso l'omonima città, bensì 10 chilometri a sud-est di el-Araich, sulle rive dell'ued el-Makhzen, tributario del Lukkos(905).
      A sud d'el-Araich e della foce del Lukkos, la costa del Marocco, la quale non ha che piccole inflessioni, si prolunga per uno spazio di circa 150 chilometri, prima che la foce del fiume Sebu interrompa il cordone litorale. La spiaggia, che ricorda quella delle Lande francesi, è orlata di dune, di stretti rialzi di sabbia tra cui si formano stagni. Solo poche alture interrompono la linea monotona dell'orizzonte; sopra una di esse sta la kubba di Mulai Bu-Selam o il «Padre della Pace», uno dei pellegrinaggi più frequentati del Gharb marocchino: a sud di codesto promontorio, uno stagno comunica col mare per mezzo d'uno stretto canale. Rivestono le dune foreste di quercie-sughero e di lentischi, i quali accompagnano, a nord e a sud del Sebu, il mare con una zona di verdura(906).