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      In grazia del cammello il Targui è divenuto nomade piuttosto che agricoltore; benchè in alcune valli del giebel Ahaggar la coltivazione basterebbe a mantenere gli abitanti, il possessore del cammello non può restare nello stesso luogo, giacchè egli deve cercare, secondo le stagioni e le pioggie, i pascoli che convengono alle sue bestie.
      Le mandre si compongono specialmente di cammelli di carico, che talvolta vengono adoperati per rapide spedizioni, ma gli animali da corsa formano una razza speciale, quella dei mehari, – in barbaro arhelam, – che differenziano per altezza di statura, finezza ed eleganza di gambe e del collo, estrema celerità e prodigiosa sobrietà. Il mehari non grida quando soffre, per timore di tradire il padrone; egli può restar digiuno per sette giorni in estate, quando è in viaggio e carico; nell'inverno egli resta due mesi al pascolo senza recarsi al guazzo. Mentre il cammello da soma fa ordinariamente al passo 3 chilometri e mezzo o 4 all'ora, ossia da 25 a 26 chilometri il giorno, il mehari compie invece senza fatica egual numero di leghe. Il signor Foureau ricorda una corsa di circa 300 chilometri fatta in due giorni a dosso di mehari da un sceicco d'Insalah(1042). L'allevamento del cammello sta talmente a cuore del Targui, che questi fa uso di nomi a dozzine per chiamarlo secondo le diverse età, in tutti gli stati, di sanità o di malattia, del cambiamento del pelo, del lavoro o del riposo. L'educazione dell'animale è fatta con gran cura, sia per la corsa che per la guerra, ed invero pochi spettacoli sono più belli dei mehari disposti per una spedizione ed allineati in fronte di battaglia: essi, col collo teso e gli uomini con la lancia alta, sembra formino un solo essere bizzarro, d'aspetto formidabile.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
olume 11 - l'Africa settentrionale - parte II
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1890 pagine 1046

   





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