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      L'insurrezione venne repressa, ed il Governo della repubblica volse ogni cura a sanarne le conseguenze e prevenirne il ritorno, ma lasciò traccie non di leggieri cancellabili negli animi come nei paesi devastati, per cui bisognò aumentare le precauzioni militari, provvedere con maggiore energia alla tutela dei coloni, accrescere la spesa già considerevole sostenuta per il vasto possedimento africano.
      La colonizzazione doveva procedere naturalmente lenta, impacciata, in mezzo a mille riluttanze ed a mille contrasti. Lungi dal chiamarvi l'emigrazione europea, la Francia la trattenne e persino la impacciò. Alla fine del 1832 decise di arrestare «una emigrazione troppo affrettata e numerosa, per impedire che molti cadessero nella miseria, mancando dei mezzi necessari alla vita». E il Governo vietava non solo l'emigrazione spontanea, ma persino l'accesso nel paese a qualsiasi straniero, che non potesse dimostrare di possedere mezzi sufficienti al proprio sostentamento(1103). Nel 1835 c'erano dunque in Algeria appena 11,221 Europei. Dopo quell'anno, principalmente per necessità militari, al retroguardo degli eserciti, gli immigranti aumentarono, trovarono nella guerra una fonte di grossi guadagni, e così nel 1845 vi erano già 95,531 abitanti europei, senza contare l'esercito. Nel 1838, dopo il trattato di Tafna, e nel 1842, quando si costruirono i villaggi del Sahel algerino, il Governo aveva spinto ad emigrare agricoltori ed operai, per trattenerli subito dopo, quando prevalsero nell'amministrazione idee diverse, specie dopo la rivoluzione del 1848. Allora alcuni spagnuoli ch'erano ad Orano senza lavoro furono scacciati, e ad una colonia di ginevrini che si volevano stabilire nel Tell, il Governo domandò quasi una cauzione di 3,000 lire a testa, perchè avessero, dicevano, un avvenire sicuro.


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Nuova Geografia Universale. La Terra e gli uomini
olume 11 - l'Africa settentrionale - parte II
di Elisée Reclus
Editore Vallardi Milano
1890 pagine 1046

   





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