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      In questo mentre riposi in un vaso di vetro certi ranocchi di fiume scorticati e, lasciato aperto il vaso e riconosciutolo il seguente giorno, trovai alcuni pochi vermi che attendevano a divorargli e alcuni altri nuotavano nel fondo del vaso in cert'acqua scolata dalla carne de' suddetti ranocchi. Il giorno appresso erano i bachi tutti di statura cresciuti; e n'erano nati infiniti altri che pur nuotavano sotto ed a galla di quell'acqua, dalla quale talvolta uscendo andavano a cibarsi sopra l'ultime reliquie di quei ranocchi; e nello spazio di due giorni avendole consumate, se ne stavano poscia tutti nuotando e scherzando in quel fetido liquore; e talvolta sollevandosene, tutti molli ed imbrattati, ancorché non avessero gambe, salivano, serpeggiando a lor voglia, scendevano e s'aggiravano intorno al vetro e ritornavano al nuoto, infin a tanto che, non essendomene accorto in tempo, vidi il susseguente giorno che, superata l'altezza del vetro, tutti quanti se n'erano fuggiti. In quello stesso tempo furono riserrati da me alcuni di quei pesci d'Arno, che barbi s'appellano, in una scatola tutta traforata e chiusa con coperchio traforato esso ancora; e quando, passato il corso di quattr'ore, l'apersi, trovai sopra i pesci una innumerabile moltitudine di vermi sottilissimi, e nelle congiunture della scatola per di dentro ed all'intorno di tutti i buchi vidi appiccate ed ammucchiate molte piccolissime uova, delle quali, essendo altre bianche ed altre gialle, schiacciate da me fra l'unghia, sgretolandosi il guscio, gettavano un certo liquore bianchiccio più sottile e men viscoso di quella chiara che si trova nell'uova de' volatili.


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Esperienze intorno alla generazione degl'insetti
di Francesco Redi
pagine 127

   





Arno