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      Del resto, avvenimenti o leggende di tal fatta odonsi raccontare fra le rovine di altri castelli, improntati della barbarie feudale: o sia che gli uomini si accordino talvolta nel modo di disfarsi dei loro oppressori, o che la posterità ami alle leggende popolari annestare simili racconti per insegnare che il potere malamente usato non di rado si converte in supplizio, e forse anche la terribile dottrina, che negli estremi ogni spediente è lecito solchè valga a frangere la tirannide e vendicarsi in libertà.
     
     
      VII.
     
      Queste memorie io volgeva nell'animo guardando al Chiabertone che, cinto di selvaggia orridezza, si estende fra tramontana e ponente, solcato l'ignudo capo dalle folgori, e grave le spalle di folte selve di larici e di pini, e bagna il piè nelle acque della Ripa. Il color cupo del pino ed il chiaro del larice tingono di misteriosa malinconia quel dorso di monte frequente di camosci e tanto vegliato dalle guardie forestali. Le sue selve cogli annosi tronchi preservano il paese dagli scoscendimenti della neve; per la qual cosa è divietato dalla legge il diradicarne ed anche sfrondarne le piante. Gioverebbe tuttavia il taglio degli alberi troppo vecchi, perchè in tal modo il terreno si renderebbe assai più acconcio a germinare piante novelle.
      Il Chiabertone non è dunque soltanto magnifico a vedere, ma utile eziandio al paese che gli sta alle falde, mentre la Dora anima i congegni di un molino e di una pubblica sega da legnami, e dona al pescatore ottime trote.
     
     
      VIII.
     
      Accennare le trote di Cesana e non l'artifizio della loro pesca, non mi si perdonerebbe da nessuno di quegli alpigiani.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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