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      Per fermo è questo che di carmi onoro;
      A quanti vanno, a quanti fan ritornoLungo la Cozia via, pane e lavoro
      Abbondevol promette, e d'ogn'intornoDi novelle dovizie apre tesoro;
      E dell'industria i prosperi destiniA voi dà per trïonfo, o Subalpini.
     
     
      X.
     
      Il Cenisio.
     
      Giorno per me gratissimo fu pur quello in cui salii la prima volta il Moncenisio.
      Norberto Rosa (14 agosto 1854) in una carrozzetta a tre cavalli cortesemente mi accompagnò alle vette dell'ardua montagna, mentre i primi albori indoravano le rovine della Brunetta e scintillavano nelle acque del torrente Cenisia, che a destra romoreggiava per le valli di Venaus e della Novalesa.
      Quanto più guadagnavamo della salita, più vivamente ci percoteva l'aria delle Alpi, e un vento del nord fischiando fra le selve dei castagni e dei pini, e sollevando la polvere, scemava la dolcezza che si suole provare nel salire gli alti monti nella stagione estiva. Fra i buffi del vento toccammo diversi villaggi; Giaglione che ricorda scene di fattucchiere, Molaretto che ha ne' suoi macigni una galleria per ricoverare il viaggiatore nelle traversìe del verno, e quello di Bar attergato ad una balza folta di pini silvestri e lieta di due pittoresche cascate di acque.
      Lungo la via e su per le rupi si vedono in gran numero pilastri di legno e di pietra posti lì ad impedire disastri; e casette di ricovero distinte da numeri, date gratuitamente dal Governo ai cantonieri, con obbligo di dimorarvi con provvigioni, e vegliare alla sicurezza del cammino.
     
     
      XI.
     
      Noi sostammo presso quella del n° 6 a contemplare il piano di S. Niccolò, in fondo al quale si scernevano gli spaziosi andirivieni del passo detto la Scala, che fra le rocce solcate dal lavoro delle mine mette alla sommità del monte; inoltre sei ordini di allineati pilastri, uno a cavaliere dell'altro per assicurare la via alle carrozze; ed abbondanti acque, che spumeggiando in allegre cascate, per acconce petrose docce giù scendono, imprimendo nell'aria una dolce festività.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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