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      CAPITOLO TERZO
     
      DA SUSA AL PIRCHIRIANO
     
     
      I.
     
      Foresto.
     
      O leggiadre mie leggitrici, che passate per Val di Susa, se vi piace che il nome d'un vostro diletto vi risuoni amorosamente all'orecchio, venite con meco alla villa Balma fra i pampini, i pioppi e gli ippocāstani della Brumera, e quivi l'eco fedele vi ripeterā non una, ma dodici volte, la sospirata cara parola.
      Salve, o Dora, salve, o Balma, io sclamai pių volte, e l'impietrita ninfa, la mal corrisposta amante di Narciso ripeteva i miei saluti al patrio fiume e all'ospite gentile, mentre io mi avviava al marmoreo villaggio di Foresto, che alle falde orientali del Rocciamelone spunta sulla sinistra riva della Dora a due miglia da Susa.
     
     
      II.
     
      Lo svelto e bianco campanile del paesello contrasta mirabilmente colle propinque ignude rocce di color cupo rossastro, che tagliate a picco perpendicolarmente, d'un'altezza non minore di 500 metri, succedonsi le une alle altre con molti segni delle ripetute rivoluzioni della natura, con ripidi solchi di viottoli e di torrentelli, e tentate qua e lā dalla mano solerte del colono alpigiano, che raggranella un po' di terra su l'arido masso per fargli abbracciare la vite e la spiga.
      Da qualche noce soltanto č temperata quella selvaggia orridezza presso il torrente che sbocca da una profonda caverna piena di spavento, denominata perciō l'Orrido di Foresto.
      Penetrai in quell'Orrido, che a guisa di labirinto si prolunga entro le viscere del monte, e mi pareva di entrare in uno di quegli spechi, d'onde il corsaro guata la ricca preda che solca il mare.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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