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      Quel villaggio č sede di ozi beati, per cui la elessero a riposo delle cure politiche due vivaci intelletti, Pier Carlo Boggio e Felice Govean, allettati dall'amenitą del sito e dalle storiche memorie.
     
     
      XLII.
     
      Vuolsi che Alpignano prendesse il nome da un Alpino, romano, possessore di quel luogo. Si dice pure che vi stanziasse una colonia romana, la quale operņ il taglio di una rupe per dare corso alle acque della Dora impaludate ne' luoghi adiacenti. Certo si č che diverse famiglie illustri ebbervi signoria. L'ebbero i principi d'Acaia, che nel secolo xiV ne investirono Guglielmo di Mombello, signore di Frossasco; e l'ebbero in feudo i conti di Provana, edificatori del vasto castello, che ammirasi riabbellito e ricco di ogni guisa di arredi ed ornamenti.
      Morto senza prole l'ultimo feudatario nel 1797, il Governo rimase padrone di diritto.
      Alpignano obbediva un tempo a quattro padroni, perchč parte di esso era dello Stato, altra porzione apparteneva alla Famiglia reale, la terza ai monaci e la quarta al feudatario.
      Nel Governo si raccoglievano tutti i poteri, quando nel 1804 il Demanio francese vendeva il castello all'avv. Modesto Paroletti, che fu sul punto di demolirlo per cercarvi nelle fondamenta il desiderato tesoro; ma poi si persuase di lasciarlo incolume e venderlo ai fratelli Revelli, l'avvocato e il pittore, che vi portarono gli splendori dell'arte.
      Dalla famiglia Revelli nel 1840 lo comperņ il conte Michelangelo Robbio di Variglič, e da questo nel 1863 lo acquistava l'avvocato Riberi, ornato giovane, che in mezzo a tanta amenitą di paese e in compagnia di colti amici mostrasi tutto applicato a nobilissimi studi, onde potrą illustrare sč e la patria, aiutato dal pingue retaggio lasciatogli dallo zio paterno, il celebre professore di medicina.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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