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      Fra le colonne del tempio circolare ricordo le feste cittadine al cessare della gallica dominazione, e il solenne ingresso in Torino di Vittorio Emanuele I, addì 20 maggio 1814. Alla erezione di quella chiesa esultò il Piemonte, che vide restituita la dignità nazionale a queste regioni, riacquistando la dinastia di que' Principi che per otto secoli n'erano stati i reggitori e i padri, educando il popolo alle armi ed alle industrie, e a mantenersi libero dal giogo straniero.
      L'arte statuaria con maggiore evidenza ci narrò i fasti della patria effigiandone gli eroi.
      Non è stata felice nel ritrarre in bronzo e in marmo il Conte Verde; ma felice e gloriosa oltre ogni dire fu rappresentando nella Piazza San Carlo il Duca Emanuele Filiberto, che, vinta la battaglia di S. Quintino e firmato il trattato di Château-Cambrésis, entra in Torino vindice e stabilitore della sua schiatta, e, riposta la spada, interamente si dà ad ordinare il governo civile. La statua equestre in bronzo, e la battaglia e il trattato scolpiti in altorilievo nel piedistallo compongono il monumento principale della città per concetto e bellezza d'arte.
      Il bolognese Salvatore Muzzi, perito negli studi dell'arte e noto per affettuosi libri di letteratura educativa, spesso mi era compagno nel 1863, mentre per le vie di Torino andavo notando le cose più degne di ricordo.
      Un dì, dalla statua equestre di Emanuele Filiberto andammo insieme ad ammirare quella pure in bronzo del Re Carlo Alberto nella piazza dallo stesso Re intitolata.


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La Dora
Canti e prose
di Giuseppe Regaldi
Tipogr. Sebastiano Franco Torino
1864 pagine 263

   





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